Premessa: ogni detenuto morto in carcere, in ogni Paese del mondo, ci fa orrore. Tanto nei Paesi totalitari e autoritari quanto nei Paesi democratici e liberali. E tanto più se quel detenuto viene spinto al suicidio, o ucciso in carcere. Ci ha fatto ugualmente orrore, e se possibile ancora di più, la detenzione e la morte nei gulag siberiani dell’ex Urss, magistralmente raccontati da Shalamov e Solgenitsin. E ci fa orrore l’assassinio di ogni detenuto, in qualunque parte del mondo e per qualunque ragione (anche, per esempio, l’omicidio perfetto di Jeffrey Epstein, il procacciatore di minorenni da stuprare e abusare per i potenti del pianeta, trovato impiccato nella sua cella di un carcere della democratica New York).

Detto questo, la domanda: quale interesse aveva Vladimir Putin, e proprio alla vigilia di elezioni da lui già vinte senza “giocare la partita”, di far assassinare in carcere il suo principale oppositore, il nazifascista Aleksej Navalny? Perché mai Putin avrebbe dovuto infliggere questo colpo di piccone ai propri zaristi zebedei? Qui non si tratta di difendere o assolvere Putin, e non è questione di buoni e di cattivi, o di dittatori sanguinari e immacolati presidenti democraticamente eletti. Qui si tratta semplicemente di interrogarsi e di sospendere il giudizio prima di abbeverarsi alle verità ufficiali, dando per scontato tutto ciò che queste “verità” presuppongono e propinano.

E dunque, perché mai questo Putin avrebbe dovuto essere così autolesionista? Non è che per caso, com’è accaduto con il sabotaggio del gasdotto North Stream, prima si accusano i russi e poi si scopre che sono stati gli americani? Non è che Navalny, per dire, perché nulla di certo finora sappiamo, e’ stato fatto fuori dai nemici di Putin? Chiedo