L’anniversario dell’inizio della guerra in Ucraina – o invasione, chiamiamola pure così, ma poco cambia, dato che lì la guerra è cominciata nel 2014, dopo il golpe organizzato dagli Usa – ha oscurato un anniversario ben più importante: i cinquant’anni del colpo di Stato in Cile del 1973, anche questo organizzato dagli Usa, con la morte del presidente democraticamente eletto Salvador Allende e la presa del potere da parte del generale Augusto Pinochet, un criminale, che durante il suo regime militare fece uccidere, torturare e scomparire migliaia di persone innocenti.
Abbiamo dovuto invece sorbirci il discorsetto di Giorgina Meloni sull’anniversario ucraino. Un impasto di misera retorica («difesa della identità europea… amor di patria… non lasceremo mai sola l’Ucraina…»), di trasformismo e conformismo, che si inscrive nella peggiore tradizione italica, quella dei voltagabbana: basta prendere i discorsi di Giorgina dal fatidico 2014 in poi per rendersi conto di quanto lei, come gli altri, dovrebbe stare in un circo. Come pagliaccia senza dubbio, ma anche come acrobata, che forse è un ruolo che le si addice meglio.
Dopo aver baciato la sacra pantofola “amerecana”, anche Giorgina può sperare che una delle menti del golpe cileno, Henry Kissinger (100 anni il prossimo 27 maggio, auguri), la premi come “statista dell’anno” così come ha fatto per quell’altro gigante del pensiero di don Mario Draghi («se non ti vaccini, ti contagi, muori»: a’ Mariopio, tranquillo, semo vivi).
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