La cosa più sconvolgente di questa storia della privatizzazione dell’acqua, che nessun giornale o canale radiotv dice, è il continuo richiamo alla necessità che l’Italia “si adegui” all’Europa.
“L’Europa lo vuole!”, dicono, e fanno passare per verità assoluta una solenne bugia. Proprio come il famigerato “Dio lo vuole!” dei crociati.
Il decreto-legge Ronchi approvato (con l’ennesimo voto di fiducia) anche dalla Camera dei deputati il 19 novembre 2009, all’articolo 15, ribadisce proprio questo concetto, e cioè che è necessario privatizzare il servizio idrico “per adeguarsi alle direttive europee”.
Peccato che nessuno si prenda la briga di andare a controllare e che un po’ tutti – per abitudine, per pigrizia, per inettitudine o malcelato interesse – diano per scontata una “verità” che non esiste, e che quindi è una bugia.
Quanti parlamentari, quante persone hanno letto – per dire dell’esempio più famoso – il Trattato di Lisbona? Non più di una decina, forse. Ecco, più o meno tanti sono gli individui che hanno letto queste benedette direttive europee a cui l’Italia dovrebbe adeguarsi privatizzando i servizi idrici.
La verità è che si è votato (in Parlamento) e si sta accettando (nel Paese) qualcosa che non esiste, perché le due direttive europee in questione (92/50/CEE e 93/38/CEE) si limitano a chiedere che vi sia concorrenza per i servizi pubblici nazionali e locali, ma escludono da logiche di mercato proprio il servizio idrico.
L’Unione europea non si è mai sognata di chiedere a nessun Paese membro di privatizzare l’acqua e i servizi idrici. Almeno non attraverso il proprio Parlamento e i propri atti ufficiali. Al contrario: la cosiddetta “direttiva Bolkestein” tiene fuori dalla libera circolazione dei servizi proprio il servizio idrico e affida ai singoli Stati membri il compito di stabilire quali siano i servizi “a interesse economico” e quali quelli “intrinsecamente non a scopo di lucro”.
Per questi ultimi, ogni singolo Stato può sancire il divieto totale di apertura al mercato .
A tre anni di distanza dall’emanazione di quella direttiva, però, l’Italia resta uno dei pochi Paesi a non aver ancora scelto quali servizi inserire tra quelli “a interesse economico” e quali considerare “non a scopo di lucro”. E sta procedendo allegramente, e voracemente, verso la privatizzazione di tutti i servizi. Tutto in mano ai privati, dunque, e, solo in via eccezionale, in mano pubblica. Questa è la linea. Del governo in carica e di tanti suoi sodali dell’opposizione.
Questa storia della privatizzazione dell’acqua è tutta nostra, tutta italiana, e l’Europa c’entra poco o niente. In Italia si sta facendo, in nome dell’Europa, ciò che l’Europa non ci ha chiesto di fare. Fantastico. Le lobbies economiche non potrebbero avere partner più fedele e solerte. Come fedeli e solerti furono, nel marzo 2006, al quarto Forum mondiale dell’acqua di Città del Messico, i membri della Commissione europea.
Nonostante il Parlamento europeo avesse definito l’acqua un diritto dell’umanità e non un semplice bene economico, i commissari europei ignorarono completamente la risoluzione del Parlamento europeo e tornarono a definire l’acqua un bene economico.
Non solo. Quando i parlamentari di Strasburgo chiesero conto della loro condotta, i commissari risposero di aver agito su mandato del Consiglio dei ministri della Ue , che in maggioranza erano favorevoli alla liberalizzazione dell’acqua. E così – questa è una di quelle “magie” europee a cui bisognerebbe rimediare prima che sia troppo tardi – un organo eletto dai popoli degli Stati membri, il Parlamento, è stato surclassato e messo alla berlina da un manipolo di signori nominati dai singoli governi.
L’Italia però ha qualcosa in più. L’Italia ha le facce di bronzo. Del governo e della cosiddetta opposizione. Capaci di votare tutti insieme appassionatamente – come hanno fatto Pd, Pdl, Udc e Lega Nord – a favore dell’emendamento presentato dalla coppia Filippo Bubbico- Giovanni Procacci (senatori del Pd).
L’emendamento dice che l’acqua, come risorsa, resta pubblica, ma la gestione dev’essere privata. Esattamente ciò che voleva il governo. Tanto è vero che il senatore Gasparri e il ministro Ronchi hanno elogiato e applaudito il duo Bubbico-Procacci, che si è poi vantato di aver scongiurato con il proprio emendamento la privatizzazione dell’acqua.
Non l’hanno bevuta, è il caso di dirlo, non solo i parlamentari Idv, che hanno votato contro, ma anche tre senatori del Pd – Luigi Zanda, Francesca Marinaro e Paolo Nerozzi – che non hanno votato.
Nel frattempo, mentre sta maturando l’idea di un referendum abrogativo, alcune Regioni hanno preannunciato ricorsi alla Corte Costituzionale contro il decreto-legge Ronchi. Tra queste, anche la Puglia, che ha l’acquedotto più grande d’Europa.
Nel 1999, il governo presieduto da Massimo D’Alema voleva vendere l’acquedotto pugliese all’Enel per 3.100 miliardi di lire, ma l’affare saltò anche per l’opposizione del “governatore” pugliese Raffaele Fitto, attuale ministro per gli Affari regionali.
Oggi, il “governatore” Nichi Vendola, all’improvviso, sotto elezioni e con addosso la voglia matta di ricandidarsi alla guida della Puglia, riscopre l’importanza dell’acqua pubblica.
Peccato che Vendola si svegli solo ora, dopo aver cacciato in malo modo dalla presidenza dell’Aqp Riccardo Petrella, membro del comitato internazionale per il Contratto mondiale sull’acqua, e averlo sostituito con l’ennesimo dirigente politicamente lottizzato. E dopo aver fatto il sordo con chi gli chiedeva di muoversi per proporre una legge regionale che scongiurasse il rischio di lucrare sull’acqua. Ora, probabilmente, vuol far credere che lui, almeno sull’acqua – non dico la Sanità, ma l’acqua -, è diverso da Ronchi, Gasparri, Bubbico e Procacci. Ah, be’… Sì, be’…
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NANDO
Nov 21, 2009 @ 20:03:36
CHE DIRE!!….ORMAI E’ UN’ORGIA QUOTIDIANA,QUANDO SI ACCORGERANNO CHE NON POTRANNO MANGIARE I SOLDI,SARA’ TROPPO TARDI.
Gianfranco Belletti
Nov 22, 2009 @ 00:06:44
Ti ringrazio di questo articolo,fatto cn molta maturita’ ed esauriente sotto la prospettiva dell’informazione.
Mi hai messo davanti ad aspetti che mi hanno indignato,anche se il sospetto dell’accordo “bipartisan con teatrino” c’era,mi hai dato qualche elemento in piu’ per farlo divenire certezza
I miei complimenti,ciao
gianni
Nov 22, 2009 @ 00:07:13
questa triade di governo..ci a scippato un altro diritto primario senza consulta popolare..peplebliscitario…e a reggime , senza preaviso…altro che popolo sovrano istituzianale ,cosi e prevaricazione politica che non ci sentiamo ….rappresentati nelle scelte primarie.
Le “calde” acque lecchesi (e non) « I giardini pensili hanno fatto il loro tempo..
Nov 22, 2009 @ 00:12:14
catos
Nov 22, 2009 @ 01:31:36
Caro amico, purtroppo qui non c’ e’ piu’ destra o sinistra, le abbiamo provate tutte! Da Mortatizio al Nanocaio nulla cambia, solo le facce ed il gruppo i appartenenza. Ci hanno derubato di tutto, trasporti, energia, telecomunicazioni, autostrade….etc.
Cinquant’ anni per fare tutto questo ed in un battibaleno son finiti nei contenitori degli industriali, banche, assicurazioni etc.
E la balla delle privatizzazioni va avanti, la bufala dell’ ecologia
prosegue, la sagra delle mafie prospera. E questi pensare che li pago pure per star li a mettermela……….si sa dove. Ma
se li pago io, perche’ me la devono mettere pure in tel retto?
E come disse un vero filosofo………e io pago….pago..pago..!!
Marianna
Nov 22, 2009 @ 01:32:06
Dici il giusto quando asserisci” acqua diritto di tutta l’umanità” e non solo bene pubblico essenziale per la vita. L’organizzazione mondiale che tutela questa risorsa ha posto il limite minimo di sopravvivenza di litri 50/die per ogni singolo individuo. Tenendo conto di questo ipotetico limite i politici e e le società di gestione dovrebbero escludere dalla fatturazione il detto quantitativo perchè diritto essenziale gratuito ed intoccabile di ogni persona. Passato questo limite dovrebbero essere poste delle fasce nelle quali chi più consuma più spende.
marcello caracciolo
Nov 22, 2009 @ 01:37:49
Visto che parli di disinformazione …. guardati questo filmato, ascolta con attenzione così la prossima volta saprai qualcosa di concreto sull’operato di Nichi Vendola…. sono anni che è stata avviata la riforma dell’acquedotto pugliese, sono anni quel patrimonio viene rivalutato attraverso il controllo ed il ripristino dell’intero sistema di distribuzione dell’acqua sul territorio regionale permettendo così un risparmio di milioni di euro. Il filmao lo trovi seguendo questo link:
http://www.rainews24.rai.it/it/video-gallery-tag.php?tagvideo=1496&videoid=17278
carlo vulpio
Nov 22, 2009 @ 13:04:38
Ecco, proprio questo è il punto: “l’operato” (di Vendola, di Bubbico, ecc.) va esattamente nel senso opposto alle loro parole. Infatti, a parte la circostanza non trascurabile che questa gente si svegli solo a tre mesi dalle elezioni amministrtive del 2010, e a parte “l’inspiegabile” licenziamento su due piedi del professor Petrella, una legge regionale per la ripubblicizzazione dell’acqua (rectius, del servizio idrico) non è mai stata portata in consiglio regionale pugliese. Mentre il Pd ha votato l’emendamento Bubbico-Procacci insieme con i partiti di maggioranza (nonostante tutti costoro sappiano bene che “l’adeguamento alle direttive europee” è una bufala).
p.s.
Per contraccambiare la tua cortesia, ti segnalo una intervista rilasciata da Riccardo Petrella al Manifesto qualche mese fa. Cercala in rete e poi, se vuoi, ci risentiamo.
Antonio
Nov 22, 2009 @ 02:11:02
Per me è un arrogante atto di imperio ed un ennsimo scippo di un diritto naturale di ogni essere vivente. A quando una sommossa popolare per liberare l’Italia da tutto il fecciume che la sfrutta, ammorba e la disonora? Quando piazzeremo un bel cuneo di legno nel cuore dei VAMPIRI? Spero presto! Questi non solo sfruttano e succhiano sangue e sudore,ma ora hanno preso gusto anche a succhiare l’acqua, la nostra acqua! Vigliacchi maledetti, se avete ancora un pizzico di dignità, VERGOGNATEVI!!! Antonio.
lorenzo
Nov 22, 2009 @ 08:22:29
Non vi siete accori che da molto tempo l’acqua è privatizzata?
è ostaggio di tutti i politcanti trombati dai parlamentari ai consiglieri comunali
i veri padroni delle società di diritto privato ma con capitale pubblico sono loro
ben vengano altri “padroni ” cherisciano in proprio
Acqua, bugia “europea” e porcata italiana | Adria Blogolandia
Nov 22, 2009 @ 11:58:44
gerardo biasioli
Nov 22, 2009 @ 12:09:21
Grazie per il bel post, sono un collega blogger ed ho provato anch’ io a scrivere un post (certo, con parole più povere delle tue) ma ho notato tanta indifferenza nella gente che non so spiegarmi.
Continua così
Dado
Nov 22, 2009 @ 16:38:53
Bell’articolo, ora tocca a noi diffondere la notizia.
Diffondiamo l’articolo!!! A chi prende i mezzi pubblici, lasciate qualche copia nelle carrozze con la scritta “fai una copia e diffondi”. Agli altri, lasciatelo nelle scuole, posti di lavoro, sulle poltrone del cinema, al bar, insomma, ovunque!!!!
DIFFONDERE!!!!!!
Lia
Nov 22, 2009 @ 18:44:13
11. Il Trattato di Lisbona rafforza la direzione “destrorsa“ della politica economica, a discapito dei servizi pubblici e dei diritti dei lavoratori.
L’Unione Europea e il Trattato di Lisbona non parlano dei pubblici servizi. Anzi, li dividono in due categorie: 1) servizi di interesse economico generale, 2) servizi di interesse generale. Mentre non vi è una definizione dei servizi di interesse generale, la casistica legale europea definisce “attività economica” come l’offerta di un qualunque bene o servizio sul mercato. Con questa definizione, qualunque attuale servizio pubblico potrebbe ricadere sotto la categoria di “servizi di interesse economico generale”, invece che di “servizi di interesse generale”. L’articolo 16 del trattato di Lisbona pone nuove “condizioni economiche e finanziarie“ sui servizi di interesse economico generale (che sono specificate negli articoli 86 e 87 del trattato esistente). Queste condizioni implicano che i servizi – compresi quello sanitario, ad esempio, oppure i servizi educativi – siano soggetti alla libera concorrenza [“competition”].
Il che vuol dire che hanno fatto proprio quanto indicato dal Trattato, cioè un servizio di interesse economico generale.
Guido Mastrobuono
Nov 22, 2009 @ 20:44:26
Ciao, mi chiamo Guido Mastrobuono e sono un cacciatore di articoli per un concorso che si chiama “Concorso Permanente di Parole ed Immagini” e mette a confronto articoli che stimolino una discussione in ambito filosofico, sociale o politico (vedi l’indirizzo http://lavoristi.ning.com/profiles/blogs/concorso-permanente-di-parole ).
A mio avviso, questo articolo arricchirebbe il nostro concorso e volevo suggerirti di inserirlo.
Il concorso, in realtà, è una scusa per convincere la gente a metterci a disposizione spunti per la discussione. Noi poi ne parliamo e ci creiamo un’idea nostra sui più svariati argomenti.
Infatti, la concorrenza tra autori non è una cosa che ci appartiene: noi creiamo nella collaborazione. E dal confronto con gli altri, noi aumentiamo il nostro sapere.
Comunque la pubblicazione offerta in premio ai vincenti è vera ed effettiva.
Se lo vorrai, potrai tranquillamente inserire, al piede degli articoli un link al tuo blog cosa che lo renderà più noto e facilmente raggiungibile.
Un saluto
Guido Mastrobuono
laura raduta
Nov 24, 2009 @ 13:07:52
eh gia, siamo nella mani di gentaglia.. l’unica parte su cui devo fare un appunto è la posizione dell’IDV… a riempirsi la bocca di belle parole sono bravi tutti, loro soprattutto.
questo articolo: http://www.perilbenecomune.net/index.php?mod=blabla&menu_id=&news_id=180&myaction=read_news
spiega bene invece qualè la reale posizione, come in tante cose… ma abbiamo una fortuna noi elettori e cittadini, quella di confrontare i blablabla dei politici con i loro atti, con i fatti. serve solo uno sforzo che purtroppo non molti hanno voglia di fare..
Buon lavoro!!
lorenzo
Nov 24, 2009 @ 19:48:16
Chissà perchè citano l’europa solo quando gli fa comodo?
E EUROPA 7 COSA NE PENSERA’ ?
Acqua, bugia “europea” e porcata italiana - micromega-online - micromega
Nov 25, 2009 @ 12:06:01
Acqua, bugia “europea” e porcata italiana « aquilone
Nov 25, 2009 @ 13:16:31
antonio restaino
Nov 28, 2009 @ 19:38:15
Ma veramente che l’Europa non ha richiesto o imposto la privatizzazione dell’acqua l’ho già letto su vari giornali e visto/sentito in più di un telegiornale.
Non è vero che nessuna testata giornalistica in Italia lo dica. E anche molte delle informazioni pubblicate in questo articolo le ho già trovate in un sacco di servizi. Forse è vero che sia la cosa più sconvolgente di questa storia, sicuramente è falso che nessuno lo abbia detto e continui a dirlo…
Milena Latorre
Nov 29, 2009 @ 13:34:28
Mi sembra pretestuosa l’accusa a Vendola di aver adottato il provvedimento per mantenere la gestione pubblica dell’Acquedotto pugliese “solo” sotto elezioni, quando invece molti altri politici hanno allungato da anni le grinfie e tentano di privatizzarlo in tutti i modi.
E in questa storia Antonio Di Pietro ci sta con tutte le scarpe.
Su Facebook gira questo articolo molto dettagliato:
L’oro blu della Puglia (Quali interessi dietro la guerra a Nichi Vendola?)
La storia che state per leggere è una storia che lega tra loro sanità, risorse naturali, amministrazioni pubbliche, il mondo della politica, ipotesi giudiziarie, vittime inconsapevoli e navigati carnefici.
E’ una storia che parla di interessi economici, di giochi al limite del political-thriller, di alleanze trasversali, di mondo imprenditoriale e di celebri uomini politici costretti a ricoprire il ruolo della pedina inconsapevole in una scacchiera sconosciuta.
Se vi dicessi che esiste un unico filo conduttore che unisce nello stesso interesse Massimo D’Alema, Gianni Alemanno, Francesco Gaetano Caltagirone, Antonio Di Pietro, Pierferdinando Casini, Cesare Geronzi, Raffaele Fitto, Francesco Boccia mi credereste?
La storia che segue è la risposta a questa domanda. Se si tratta di fantapolitica o di gigantesche microscopiche realtà non sarà il sottoscritto a dirlo.
Tutto ha inizio 13 anni fa, nel settembre del 1996, quando Antonio Di Pietro, allora ministro dei Lavori Pubblici, redige la prima bozza di decreto che ordina la privatizzazione dell’acquedotto pugliese. Una privatizzazione che, nel corso degli anni, non è mai praticamente avvenuta.
Così nasce questa storia, con l’attuale ferreo sostenitore del principio “acqua bene pubblico” primo ideatore della sua privatizzazione. Un ruolo, questo del privatizzatore dell’oro blu, che è utile tenere bene a mente.
Per un intero anno, dal 2000 al 2001, i governi D’alema e Amato tentano un accordo di vendita della Acquedotto Pugliese SpA (allora nelle mani del Tesoro) all’Enel, un accordo che fallirà miseramente per l’ostruzione continua operata dal Presidente pugliese Raffaele Fitto, che, nel tentativo di incrementare la posizione della Regione Puglia nel futuro asset societario della SpA, finirà per distruggere l’unica possibilità di privatizzazione dell’acquedotto regionale.
Un involontario eroe socialista in salsa pugliese.
Nel dicembre 2001 il nuovo governo Berlusconi consegna l’acquedotto pugliese nelle mani di Fitto, alla sola condizione di procedere regionalmente alla privatizzazione entro 6 mesi.
Numerosi gli interessati. Tra tutti una cordata dall’enorme potenziale: ACEA (società municipalizzata di Roma controllata dall’allora sindaco Walter Veltroni), Roberto Colaninno (futuro anello di congiunzione tra PD e PDL) e Francesco Caltagirone (capo di un impero che va dall’editoria all’edilizia, dalle banche ai trasporti), una cordata ben vista e sostenuta da D’Alema e Letta da una parte (un binomio che ritroviamo ancora oggi nell’endorsement a Pierluigi Bersani) e da Alemanno dall’altra.
La privatizzazione si fa attendere e la duratura attesa esporrà Fitto e la sua regione a numerose critiche del centrosinistra, in un gioco della parti completamente rovesciato: con l’Ulivo e Di Pietro “convinti privatizzatori” da una parte e la destra “anomala statalista” dall’altra.
Tra i più convinti privatizzatori il lettiano Francesco Boccia e il dalemiano Sandro Frisullo.
Ogni ipotesi di privatizzazione fallisce miseramente nel gennaio 2005 quando le primarie del centrosinistra vengono vinte inaspettatamente dal “rivoluzionario gentile” Nichi Vendola, proprio a danno di Boccia, fervido sostenitore della “bozza di privatizzazione D’Alema” del 2000.
La vittoria nelle regionali contro il governatore uscente Fitto metterà per sempre la parola fine ad ogni velleità liberista, vista la profonda convinzione del neo-eletto Vendola a mantenere la gestione dell’acqua pugliese nelle mani della collettività.
L’evidente acredine preesistente tra Ulivo e Vendola cresce sempre più durante il governo di quest’ultimo, impegnato a nominare ai vertici dell’AQP amministratori contrari ad ogni privatizzazione (Petrella prima e Monteforte poi) e ad ostruire ogni interesse gestionale del duo DS-Margherita.
Nel luglio 2008 le prime dichiarazioni di reciproco interesse in Puglia tra PD e UDC. La condizione una sola: l’allontamento definitivo di Nichi Vendola e dei partiti della “sinistra” (Italia dei Valori, Rifondazione e Sinistra e Libertà).
La china presa da Vendola diventa preoccupante. A febbraio, lo scandalo che colpisce l’assessore Tedesco, socialista dalemiano, allontanato dalla giunta Vendola prima dell’avviso di garanzia, immediatamente riciclato in Senato al posto del prodiano De Castro, dirottato in Europa, su “richiesta” di D’Alema ed avallo di Franceschini.
Lo scontro tra Vendola e D’Alema diventa pubblico e sfocia nelle critiche dell’ex segretario PDS al leader di Sinistra e Libertà per la candidatura di bandiera alle europee, che D’Alema e Latorre contesteranno profondamente (“Mi auguro che abbia considerato e soppesato le conseguenze politiche che la sua scelta di candidarsi alle europee potrebbe avere” fu la dichiarazione molto esplicita del secondo).
E poi, nel luglio scorso, l’indagine della DDA barese capitanata dal PM Digeronimo sulla giunta regionale e la cacciata di 5 esponenti, tra cui ben 3 dalemiani.
Uno schiaffo al leader-massimo che se compiuto dall’esponente di un partitino come Sinistra e Libertà può significare una cosa sola: abiura o morte.
Inizia così l’attacco da più fronti a Vendola, alla sua giunta e al suo sponsor, l’ex dalemiano ed ora scheggia impazzita Michele Emiliano, sindaco di Bari. Gli attacchi vedono i dalemiani colpiti nel cuore da un lato e dalla parte opposta l’Italia dei Valori alla ricerca di un’altra leadership “più opportuna”. Un gioco di potere, quello del leader morale dei DS, che salta agli occhi anche dell’attento Giannini, su Repubblica, che parla di “Patto della crostata in casa ACEA” (1). Un patto che sembra riaprire l’ipotesi della privatizzazione, con un solo prezzo da pagare: l’allontanamento dei sostenitori della gestione pubblica.
Un gioco di potere ancora meglio calibrato se a lanciare l’attacco contribuisce anche “Il riformista”, vicino alla corrente di D’Alema e di proprietà della famiglia Angelucci, indagata (nelle persone di Antonio, deputato PDL, e Giampaolo) assieme a Raffaele Fitto per lo scandalo della sanità pugliese.
Una storia che sembra consegnare il corpo morente del governatore Vendola sull’altare del patto PD-UDC. Il “patto della crostata”. Sancito con l’entrata in ACEA del consigliere dalemiano Andrea Peruzy al posto del prescelto dal PD romano Angelo Rughetti, un ingresso che conferma l’ottimo rapporto tra D’Alema e Caltagirone (suocero di Pierferdinando Casini), che affonda le radici negli interessi comuni su Monte dei Paschi di Siena, scalata BNL e, adesso, ACEA, come conferma lo stesso Marco Palombo (PD) dalle pagine del Foglio (2).
Un patto però, questo tra D’Alema e Casini, insufficiente, elettoralmente e numericamente parlando. Serve almeno un altro alleato, anche non fidato, ma in grado di apportare un certo contributo per la vittoria.
E chi meglio di un Di Pietro e un IDV così critici verso Vendola? Ma come fare?
Semplicemente lasciando che gli eventi corrano da sé. E lasciare che a mezzo stampa trapeli il recondito interesse dell’IDV nella candidatura di un certo Francesco Boccia, lo stesso che negli anni (forse all’insaputa di un distratto Di Pietro) si è fatto portavoce dell’istanza privatizzatrice per nome del duo Letta-D’Alema.
Lo stesso che negli ultimi anni ha ribadito la fedeltà al progetto di privatizzazione targato D’Alema e che ora vede Caltagirone, Colaninno, l’ACEA di Alemanno e la Mediobanca di Geronzi al posto dell’ENEL.
Quel progetto nato dall’ex ministro Antonio Di Pietro.
Un cerchio che si chiude
da: http://www.agoravox.it/L-oro-blu-della-Puglia.html
articoli citati:
1) QUEL PATTO DELLA CROSTATA IN CASA ACEA
Repubblica — 12 maggio 2009 pagina 7 sezione: ROMA
DA PUBLIC utility corteggiata dai colossi globali a «laboratorio» dei nuovi equilibri politici locali. In pochi mesi l’ Acea ha subito una radicale metamorfosi. Dopo il ribaltone al Campidoglio, l’ azzeramento dei vertici voluto dal sindaco Alemanno, l’ arrivo di un manager casiniano come Marco Staderini, la fuga in avanti e la retromarcia innestata coni soci francesi di SuezGdf, adesso in azienda si celebra uno strano «patto della crostata». E stavolta non in casa Letta, ma semmai in casa Caltagirone. Usciti dalla scena del cda anche l’ ultimo dei mohicani Piero Giarda e l’ economista prestato alla destra Geminello Alvi, nel board si registrano due new entry a dir poco sorprendenti: oltre a Luigi Pelaggi, arriva anche Andrea Peruzy, tesoriere e direttore della Fondazione Italianieuropei. Che un uomo tanto vicino a Massimo D’ Alema potesse entrare in una società ormai develtronizzata sta nella natura delle cose. Un po’ meno naturale è che quell’ uomo possa convivere sotto le insegne di un’ azienda ormai alemannizzata. Misteri o miracoli del sotto-governo romano. È evidente che sotto l’ ombra del Cupolone si vanno ridisegnando gli equilibri del potere politico ed economico. Francesco Gaetano Caltagirone è ormai dominus incontrastato della città. Con il suo 7,5% di Acea, il costruttore più liquido d’ Italia ha espresso il «ceo», e ora mette insieme, seduti allo stesso tavolo, gli uomini di Alemanno, di Casini e di D’ Alema. Eccoli, i nuovi Poteri Forti della città. Il business, un pezzo irrequieto ed autonomo di Pdl, i centristi dell’ Udc e i riformisti del Pd. Prove tecniche di una futura maggioranza di salute pubblica e post-berlusconiana? m.giannini@repubblica.it – MASSIMO GIANNINI
da:http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2009/05/12/quel-patto-della-crostata-in-casa-acea.html
2)Acea iacta est. Nasce la santa alleanza tra Caltagirone e D’Alemanno
I protagonisti di questa storia di potere – che nasce dietro le quinte della più importante azienda della capitale e che mette in imbarazzo il maggior partito dell’opposizione – si chiamano Gianni Alemanno, Francesco Gaetano Caltagirone, Cesare Geronzi e Massimo D’Alema. Il primo è il sindaco di Roma, il secondo è l’imprenditore più importante della Capitale, il terzo è il numero uno di Mediobanca, il quarto è il presidente di ItalianiEuropei.
Tutto inizia la scorsa settimana e tutto gira attorno a quelle quattro lettere che a Roma significano potere economico, finanziario e soprattutto politico: Acea. Controllare l’Acea (una società che ogni anno riesce a muovere qualcosa come un miliardo e mezzo di euro per la costruzione di acquedotti, reti elettriche e depuratori) vuol dire avere il controllo della più ambita e importante centrale di potere della Capitale, e la fotografia dell’organigramma dell’Acea è da sempre uno degli strumenti più immediati per capire chi a Roma comanda e chi invece non lo fa.
E’ successo così che venerdì scorso il cda di Acea doveva nominare uno dei nuovi consiglieri di amministrazione della municipalizzata romana. Il sindaco Gianni Alemanno – che è socio forte dell’Acea grazie al 51 per cento di azioni della società presenti nella pancia finanziaria del comune – aveva deciso che uno dei consiglieri doveva essere un nome scelto dal Pd e il nome su cui la maggioranza del Pd romano aveva puntato era quello del segretario generale dell’Anci, Angelo Rughetti. Tutti erano d’accordo: era d’accordo il Pd, era d’accordo Franco Marini, era d’accordo anche il numero uno del Pd romano (Riccardo Milana). L’unico che non era d’accordo era Massimo D’Alema. Chi ha vinto? Naturalmente ha vinto il candidato di D’Alema: quell’Andrea Peruzy che, oltre a essere nuovo consigliere di Acea e oltre a essere membro del cda di Crédit Agricole, è direttore esecutivo e tesoriere di ItalianiEuropei – ovvero la fondazione di Max. Se il primo effetto politico della nomina di Peruzy è che il Partito democratico romano (su richiesta diretta di Franco Marini) presenterà in questi giorni in Consiglio comunale la sfiducia al capogruppo dalemiano del Pd (Umberto Marroni), le conseguenze del caso Acea sono anche di altro tipo e riguardano i rapporti tra politica e poteri finanziari.
In questa storia c’entra la famiglia Caltagirone e c’entra anche la Mediobanca di Cesare Geronzi. Caltagirone è l’uomo che esercita più potere all’interno dell’Acea. Il suo potere va ben al di là del 7 per cento di azioni che l’imprenditore romano controlla nella municipalizzata, dato che uomini considerati vicini a Caltagirone sono sia il presidente di Acea Giancarlo Cremonesi (già numero uno dei costruttori romani) sia l’amministratore delegato Marco Staderini (uomo di fiducia del genero di Caltagirone, Pier Ferdinando Casini). C’è chi dice che lo strapotere di Caltagirone aveva fatto innervosire a fine marzo i soci di Gaz de France (che in Acea hanno il 10 per cento) e così – anche per addolcire i rapporti con i francesi – Caltagirone e Alemanno avevano deciso di appoggiare la scelta fatta dalla municipalizzata di affidare a Mediobanca il ruolo di advisor per governare i prossimi accordi azionari con la stessa Gaz de France.
Il nome del nuovo consigliere di amministrazione di Acea, dunque, rientra proprio nell’ambito di quelle garanzie che i francesi avevano chiesto sia a Caltagirone sia a Mediobanca. Ma c’è qualcosa di più ed è qualcosa che spiega come D’Alema stia provando a poco a poco ad affondare le radici anche in quello che fino a pochi mesi fa era il regno del veltronismo. Dice al Foglio il consigliere provinciale e tesoriere del Pd, Marco Palombo. “Il caso Acea dimostra che obiettivamente tra D’Alema e Caltagirone c’è un ottimo feeling. Un feeling che parte qui da Roma e che arriva fino alla Monte Paschi di Siena di cui Caltagirone è vicepresidente. E’ chiaro che dovendo scegliere un uomo di cui fidarsi nell’opposizione, e per dare l’idea ai francesi di Gaz de France che il cda di Acea fosse diventato più equilibrato, Alemanno e Caltagirone hanno deciso di scegliere un uomo di D’Alema, non uno del Pd”.
carlo vulpio
Nov 30, 2009 @ 14:42:51
Cara Milena, delle mire di Acea su Aqp (e di Peruzy, D’Alema, Casini e Caltagirone) aveva parlato – ben prima di Repubblica e con ragione – il giornale locale “Il Resto”. Nulla di nuovo sotto il sole, dunque. A conferma, non a smentita, di ciò che scrivo io.
Per Di Pietro, per quanto mi riguarda, vale ciò che sul tema hanno fatto (fatto, non detto) i parlamentari di Idv nella sede istituzionale, e cioè il voto contrario alla privatizzazione dei servizi idrici.
Per Fitto, “eroe involontario” o meno della mancata privatizzazione dell’acqua, mi pare che diciamo la stessa cosa.
Per Vendola, vale lo stesso parametro. Cos’ha fatto (fatto, non detto) sull’acqua? Ha nominato presidente di Aqp Petrella e poi lo ha malamente licenziato (ti consiglio di leggere una bella intervista rilasciata da Petrella al Manifesto qualche mese fa).
Poteva portare una proposta di legge in Consiglio regionale e non lo ha fatto. Salvo ridursi all’annuncio di ricorrere alla Corte costituzionale, adesso, a tre mesi dalle elezioni regionali…
p.s.
E’ un fuori tema, ma se dici che l’ex assessrore regionale alla Sanità, Tedesco, è stato “allontanato” devo correggerti. Tedesco si è dimesso, “grazie” alla fuga di notizie su un suo coinvolgimento nello scandalo della Sanità pugliese… Quanto a Vendola, sapeva tutto del conflitto di interessi di Tedesco, fin dal giorno della sua elezione (anzi, da molto, molto prima…).
Milena Latorre
Dic 01, 2009 @ 22:58:17
Nessuno è perfetto. Nemmeno Vendola.
Potrei replicare che qualsiasi legge fatta 3 mesi prima delle elezioni può destare perplessità sulla sua “genuinità”, ma il nocciolo della questione è che finché in Puglia ci saranno personaggi come D’Alema e Fitto, io mi tengo stretto Vendola, con pregi e difetti.
Italia dei Valori è tutt’altro che trasparente e dell’Udc non parliamo neanche. Perciò al momento non vedo alternativa migliore.
Per quanto riguarda Tedesco, quello che ho riportato non sono parole mie ma dell’articolo citato. Comunque sappiamo tutti che la Giunta regionale non la fa il presidente da solo, ma molto spesso sono i partiti a imporre i nomi. E nella Giunta pugliese il pd è molto forte.
Cordiali saluti e buon lavoro.
gianni
Dic 02, 2009 @ 21:20:16
voi non pensate……che questo cerbero..berlo che non ci lascera-quai indelebili a questo paese…..chi non lo pensa …..mi manda un IMEL.
mic
Dic 02, 2009 @ 22:14:19
La riflessione di Milena mi sembra molto serena e condivisibile. Si può discutere ma meglio Vendola in Puglia che tanti altri esponenti dell’IDV.
Poi spalare cacca su tutti e riconsegnare la Puglia a destra non so se abbia senso.
gianni
Dic 02, 2009 @ 22:20:23
IN TAL CASO..io penso che ci dobbiamo a preoccupare…..dell-insulsa politica promulgateci….che non ce la meritiamo…..come , al governo ci fosse solo lui il referente….il 1 ministro che tanto bla bla,si parla…. ….ma di congreto un bel niente ,specie per i meno abienti….. in questo paese ,ce tanta brava gente……senza voce …..che non manifestano le loro sofferenza ……nel silente omertoso della loro insofferenza…..
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